Ecco una splendida e completa biografia del compositore vigasiano...a cura del prof. David Chandler

David Chandler 
Doshisha University, Kyoto 
  
David Chandler is the editor of Essays on the Montemezzi-D’Annunzio ‘Nave’ (Durrant Publishing, 2012), and is working on a biography of Italo Montemezzi. 

 

Grazie a Emeline per la traduzione.


 

 

Italo Montemezzi e la Conquista dell'America

Nel 1949 Opera News ha dedicato un’edizione speciale al capolavoro di Italo Montemezzi del 1913, L'Amore dei Tre Re. Tra diversi articoli di apprezzamento quello di Jane Phillips, si concludeva con il verdetto: L'Amore dei Tre Re è una tragedia intensa, degna di qualunque palcoscenico del mondo, e come tale viene considerata uno dei melodrammi più interessanti. E’ una grande opera, non solo per la musica, ma per la drammaturgia e la poesia. Ogni scena trasmette in modo vibrante emozioni e sottili sottolineature psicologiche.

 


 

Probabilmente è stato il più grande elogio che l’opera di Montemezzi abbia ricevuto. Tuttavia, dal momento in cui L'Amore dei Tre Re è stato sentito al Metropolitan Opera House di New York, il 2 gennaio 1914, sotto la direzione di Toscanini, fu inserito in una classe a sé stante tra le opere italiane del XX secolo da molti critici americani. Uno scrittore contemporaneo per il “Current Opinion” notò con stupore che, mentre Der Rosenkavalier aveva incontrato 'un ricevimento freddo' (divenne poi un opera in cartellone), lo sconosciuto italiano fu ricevuto a braccia aperte e trattato come un maestro dai critici di New York... fu una rivelazione per loro scoprire la genialità del giovane italiano. Non era neanche un capriccio temporaneo; per tre decenni l'Amore dei Tre Re fu una parte standard del repertorio del Met, e presto fu riprodotto in tutti i grandi centri operistici di tutto il Nord America. Donald Jay Grout stava semplicemente ripetendo quello che molti critici americani avevano già sostenuto, quando, nella sua Short History of Opera del 1947 (Breve Storia dell’Opera), descrisse il lavoro di Montemezzi “senza dubbio la più grande opera italiana dopo il tragico Otello di Verdi'.

 


 

La straordinaria popolarità di Montemezzi in America, rafforzata dalle sue numerose visite e dal suo matrimonio (nel 1921) con un’ ereditiera americana, è un fatto oggettivo che non è mai stato approfondito. Di per sé, motiva la riscoperta del compositore  che in quest'anno ricorre nel 2013, il centenario dal suo più grande trionfo. Sbagliavano i molti critici americani che vaneggiavano circa la grandezza di L'Amore dei Tre Re? Sbagliavano i molti cantanti che testimoniavano sulla sua grandezza? Mary Garden, per esempio, lo ha ritenuto secondo tra le opere del XX secolo, solo al Pelléas et Mélisande: “Come ho amato quell'opera [L'Amore dei Tre Re]! L'ho cantata nell’italiano originale, l'unica opera che abbia mai cantato in quella lingua, e ho adorato ogni sua parola.” O sono i critici di oggi che sbagliano, ignorando il capolavoro di Montemezzi o scartandolo in un posto relativamente modesto nel firmamento operistico? 

 


 

Italo Montemezzi nacque a Vigasio, in un piccolo paese nei pressi di Verona, il 4 agosto 1875. Era l'unico figlio di Bortolo Montemezzi (1836-1922), un orologiaio prospero, e la sua giovane moglie Elisa (1856-1935). I suoi primi anni sembrano essere stati piuttosto banali tranne per il suo profondo amore per Vigasio e per i suoi dintorni che egli amava, e che sarebbero rimasti con lui fino alla sua morte nella sua casa d'infanzia nel 1952. Fu istruito al fine di diventare un ingegnere, ma si ribellò all'ultimo momento, e nel 1894 decise di sostenere l'esame di ammissione per i 10 anni di corso di composizione presso il Conservatorio Reale di Musica di Milano. Fallì, e non riuscì neanche l'anno successivo. “Disperato,” Montemezzi rivelò il suo vero temperamento per la prima volta. Tra gli anni 1895-1896, partecipò a un intenso corso di studio privato con risultati molto positivi, tanto che nell’autunno 1896 non solo superò l’esame di ammissione al Conservatorio, ma fu giudicato così bravo da saltare i primi tre anni del programma dedicato allo studio dell’armonia. Montemezzi eccelse nel resto del programma, diplomandosi nel Giugno del 1900. La sua opera per il diploma, un Frammento del Cantico dei Cantici di Salomone per soprano, mezzosoprano, coro e orchestra, fu condotta da Arturo Toscanini il 21 giugno 1900, in un concerto speciale.

 


 

In questa fase della sua carriera, Montemezzi sembra aver dimostrato nessuna inclinazione verso il melodramma. Tuttavia nel 1901 entrò e - come unico concorrente - vinse un concorso al Conservatorio per un'opera in un atto su libretto intitolato: Bianca di Giuseppe Zuppone Strani. Bianca non fu mai eseguita, ma il manoscritto originale è intatto, è stato trascritto dal prof. marco Pasetto e da Gino Farenzena e speriamo vivamente che l’opera sia eseguita nel prossimo futuro. Incoraggiato, Montemezzi decise di partecipare al Concorso Sonzogno Internazionale annunciato nel dicembre del 1901, che offriva 50.000 lire per un'opera inedita. (per Bianca vinse 400 lire) Mascagni, che vinse il concorso Sonzogno 1890 con Cavalleria Rusticana, portò a casa un premio in denaro di appena 3.000 lire. Montemezzi rinunciò al suo posto di insegnante presso il  Conservatorio, e tornò a Vigasio, dove scrisse l’opera di un atto di Giovanni Gallurese con testo scritto dallo sconosciuto Francesco D'Angelantonio. Montemezzi fu uno dei 237 partecipanti al concorso, e non si classificò. Credeva questa fosse un'ingiustizia, e dopo che fu annunciata la classifica, nel gennaio del 1904, cercò di trasformare rapidamente “Giovanni Gallurese” in un’opera di tre atti con la cooperazione D'Angelantonio. Questo fu completato all’inizio dell’autunno, e dopo una petizione pubblica a cura del giornale l’Arena a Verona che raccolse fondi per la rappresentazione, fu eseguita a Torino nel gennaio del 1905. Giovanni Gallurese aveva delle buone melodie, una orchestrazione ricca e raffinata, e una trama emozionante con  azioni violente: fu un successo popolare immediato, fu eseguita sedici volte, ed i critici segnarono Montemezzi come un giovane compositore molto promettente

 


 

Soprattutto, Montemezzi aveva seriamente impressionato Giulio Ricordi, un editore potente, che era alla ricerca di un compositore che poteva essere istruito come successore di Puccini. Ricordi acquistò Giovanni Gallurese, pagando Montemezzi uno stipendio mensile e organizzò una collaborazione tra lui e Luigi Illica, il librettista che aveva lavorato su grandi successi di Puccini. Le cose non andarono bene. Illica risentì dover lavorare con un giovane compositore che aveva opinioni forti, e ci vollero mesi per loro accordarsi su un soggetto. Alla fine si stabilirono sul classico romanzo Adolphe di Benjamin Constant (1816), che Illica addattò come Héllera e Montemezzi iniziò a comporre nel 1906. La collaborazione continuò ad essere difficile, e quando Héllera finalmente fu realizzato a Torino nel Marzo del 1909, fu al massimo un successo tiepido, con solo tre spettacoli. Ciò aveva probabilmente avuto qualcosa a che fare, come sospettava Montemezzi, con il suo essere stato riprodotto nel periodo immediatamente successivo al terremoto di Messina, in un momento in cui la maggior parte dei teatri d'opera in Italia erano chiusi. I critici trovarono Héllera insufficientemente drammatica, e anche se la maggior parte della colpa fu data a Illica, la musica di Montemezzi fu giudicata priva di carattere, e una delusione dopo Giovanni Gallurese. L'accoglienza negativa portò Illica e Montemezzi a fare alcune modifiche alla loro opera, e questo rese necessaria la realizzazione di una partitura vocale revisionata - una cosa che non piacque alla Casa Ricordi. Sorprendentemente, questa versione rivista non fu mai messa in scena, anche se una performance in studio fu trasmessa sulla radio italiana nel 1938. Montemezzi non poteva capire accettare questo fallimento, e più tardi nella vita parlò di Héllera come la suo opera preferita. È la sua composizione più romantica, piena di bellissime melodie, ed è difficile capire ora perché è stata ritenuta carente dal punto di vista drammaturgico. Héllera, a mio avviso, ha bisogno di essere rappresentata una seconda volta da qualche società intraprendente, alfine di valorizzare una composizione ingiustamente dimenticata.

 


 

Dopo la delusione di Héllera, Montemezzi entrò nel periodo più buio della sua carriera. Nel 1909 fece un accordo con Sem Benelli, improvvisamente famoso come autore deLa cena delle beffe”, (comunemente noto in inglese come The Jest), di scrivere sulla prossima opera di BenelliL'Amore dei Tre Re. Il suo editore, inizialmente fu entusiasta del progetto, le sue speranze generate dalla popolarità deLa Cena”. Quando L'Amore dei Tre Re fallì come opera teatrale nel 1910, e quando sembrava che Montemezzi impiegasse un tempo eccessivamente lungo per comporla, Casa Ricordi, e in persona Tito Ricordi, cominciavano ad avere dei seri dubbi.

 


 

Nel dicembre del 1911, tolsero a Montemezzi il suo stipendio mensile, perché l'azienda decise che non avrebbero mai recuperato i loro investimenti. Nel 1912, quando Montemezzi finalmente presentò la partitura, Tito gli chiese di omettere grandi parti, chiaramente non sapendo che egli stava gestendo il suo prossimo grande successo. Montemezzi continuò l’opera, nonostante questi scoraggiamenti, affascinato dalla poesia di Benelli, e fiducioso che stava producendo un capolavoro. Allo stesso tempo sapeva, come scrisse in una lettera, al momento, che stava 'giocando la sua ultima carta': se L'Amore dei Tre Re fosse stato un “flop”, la sua carriera sarebbe effettivamente finita. La battuta d'arresto finale arrivò quando La Scala programmò di eseguire l'opera alla fine della stagione, iniziando il 10 aprile 1913, concedendogli solo quattro rappresentazioni. Montemezzi li pregò che fosse rappresentata prima di quella data, in modo da avere più possibilità di affermarsi; temeva che il ritardo sarebbe potuto essere 'completamente disastroso'.

 


 

Montemezzi non avrebbe dovuto preoccuparsi. Le recensione dei critici furono positive, e calorose. Il Corriere della Sera, il principale giornale d’Italia, trovò la nuova opera bella, promettente, piena di 'sentimento drammatico', oltre che unica nello stile: “L’atmosfera è indipendente da scuole e periodi, segue i propri principi di bellezza. L'Amore dei Tre Re non ha precedenti, avrà successori.” Quando L'Amore dei Tre Re ricevette la sua prima rappresentazione internazionale a New York il Gennaio successivo, la maggior parte dei critici americani la recensirono con termini estatici, come scritto sopra. Toscanini, che condusse la produzione Met, riferì che L'Amore dei Tre Re fu un enorme successo di pubblico e di stampa. Come nessun altra opera di qualsiasi altro compositore moderno.” Il trionfo americano di Montemezzi portò L'Amore dei Tre Re ad essere ampiamente programmata nei teatri d'opera in Italia e all'estero, e per tre decenni fu parte del repertorio standard. Nella maggior parte dei paesi fu ricevuto con entusiasmo, anche se quando fu allestita a Londra, nel 1915 i critici britannici non furono particolarmente colpiti. Complessivamente, però, L'Amore dei Tre Re fu il maggior successo dell'opera italiana del decennio e mise Montemezzi su nuovi rapporti con il pubblico italiano e Casa Ricordi.

 


 

L'Amore dei Tre Re ha una trama semplice che ruota intorno ad un triangolo di amore intenso tipico dei tempi bui italiani. Archibaldo, un re barbaro ormai cieco, ha conquistato il regno italiano di Altura e sposato suo figlio, Manfredo, a Fiora, una principessa nativa. Lei, tuttavia, è ancora innamorato del suo ex amante, Avito, un principe di Altura, che la visita di nascosto. Archibaldo sospetta di Fiora, e alla fine lei lo sfida, con orgoglio ammettendo che  ha un amante: a quel punto, in un impeto di rabbia, Archibaldo la strangola. Successivamente, le spalma un potente veleno sulle labbra: questo si rivela una trappola fatale per Avito, come egli aveva programmato, ma anche per Manfredo. Tutti e tre gli atti si svolgono nel castello di Archibaldo, il primo in una grande sala con vista sulle montagne, il secondo sulle alte mura del castello, la terza giù nella cripta, dove il corpo di Fiora fu messo, in attesa della sepoltura. L'opera ha un’ atmosfera intensa, concentrata in ogni dettaglio e fortemente collegata alla principale azione drammatica dei protagonisti. Il titolo si è spesso dimostrato enigmatico, ma Montemezzi era convinto che Fiora fosse amata da Archibaldo così come Avito e Manfredo, raccontando a un intervistatore nel 1941:

“Quando il vecchio re cattura Fiora sulla terrazza dopo la sua notte con Avito e la interroga, lei nega tutto. Egli le mette le mani addosso e le chiede, 'Perché tremi, se dici il vero?', Alchè lei risponde con coraggio, 'Anche voi tremate ... e non mentite '. In breve, Archibaldo ha un amore represso, che lo consuma per la nuora, e lei lo sa.”

 

Nella velata allegoria politica, Fiora è semplicemente l'Italia stessa. La musica dell’L'Amore dei Tre Re provocò due reazioni principali: il riconoscimento, che suona come niente di scritto prima, come affermò un recensore per il Corriere della Sera; e, paradossalmente, la determinazione di “spiegare” le fonti. La fonte più spesso citata è quella di Wagner mescolato con Debussy, e se si deve ridurre a una formula può andare; ma il complesso ha una ricca magia, un proprio istinto musicale, e, a mio avviso ogni amante dell'opera dovrebbe sentirla almeno una volta.

 


 

L'Amore dei Tre Re era un opera letteraria come il Pelléas et Mélisande di Debussy: una versione ridotta di un dramma parlato senza adattamento convenzionale in un libretto. Nel 1915 Montemezzi iniziò a lavorare su un secondo Literaturoper, questa volta impostando una versione abbreviata del dramma nazionalista di Gabriele D'Annunzio, “La Nave,” che parla della fondazione di Venezia. Tito Ricordi intraprese la semplificazione drastica del testo di D'Annunzio, ma a differenza de L'Amore dei Tre Re, il testo della Nave non fu sintetizzato in modo funzionale. L’irregolare, 'epica' trama dell'opera coinvolge molti personaggi minori e gran parte dell'azione è confusa e sotto-motivata. Montemezzi la scrisse nel corso della prima guerra mondiale, preso da un fervente spirito nazionalista; aveva studiato Mussorgsky, e al suo meglio La Nave è un'opera corale che rappresenta il destino di un popolo, come i capolavori del compositore russo. Musicalmente parlando, infatti, La Nave rappresenta un progresso rispetto a L'Amore dei Tre Re, più evidente, ne “La Nave”, la sua integrazione degli elementi corali. Impressiona la ricchezza dei temi, le sonorità monumentali, che premiano il ripetuto ascolto; d'altra parte, il lirismo non è molto meno radioso della prima opera. Montemezzi avrebbe successivamente sempre affermato che La Nave era il suo capolavoro, ma la critica non erano d'accordo. Fu eseguita alla Scala per la prima volta il 3 novembre 1918, e quindi coincidente esattamente con la successiva conclusione della guerra d'Italia, La Nave catturò lo spirito del momento sufficientemente da essere rappresentata per un numero impressionante di dieci spettacoli. La maggior parte dei critici italiani ebbero serie riserve circa la scelta di del testo, il suono Wagneriano della tragedia italiana apertamente nazionalista, e la mancanza di melodia. Passarono più di quattro anni prima della seconda produzione rappresentata in Italia.

 


 

Nel 1919 la vita personale di Montemezzi cambiò radicalmente. Fu invitato in America per condurre la prima apertura internazionale di La Nave al Chicago Grand Opera Company. Era la prima volta che il M° viaggiava al di fuori dell'Europa continentale; anzi egli non aveva lasciato l'Italia in precedenza, e quasi tutta la sua vita fino quel momento era stata divisa tra Vigasio, Verona e Milano. Non era mai stato condotto in pubblico prima d’allora. I precedenti due decenni della sua vita furono quasi interamente dedicati alla composizione delle sue opere, la maggior parte del lavoro fatto nella casa paterna. Tutto questo cambiò. In America, dove ricevette un benvenuto da eroe, vinse l'acclamazione come direttore d'orchestra, e da quel momento in poi diresse le opere: generalmente produzioni di L'Amore dei Tre Re. Montemezzi incontrò e si innamorò di Katherine Leith (1885-1966), erede di una ricca famiglia ebrea della costa orientale. Si sposarono a Parigi nel 1921, e da allora in poi Montemezzi godette di uno stile di vita privilegiato e internazionale, con viaggi regolari in America, e lunghi periodi ogni anno per visite a località alla moda d'Europa. Nel 1926 Katherine diede alla luce il loro unico figlio, Marco, che diventò poi un docente universitario di matematica.

 


 

Mentre vi è ogni ragione di supporre che il 1920 fu un periodo felice per Montemezzi, la sua carriera di compositore collassò più o meno in questo decennio. È difficile sapere a che cosa dare più colpa: alla sua difficoltà nel trovare materiale adatto per la prossima opera, alla crisi di fiducia provocata dal fallimento relativo alla Nave, o alle distrazioni fornite dal suo nuovo stile di vita. Nel 1919 Montemezzi annunciò che la sua prossima opera sarebbe basata su La Princesse Lointaine di Edmond Rostand. Alcuni appunti dimostrano che egli iniziò effettivamente a lavorare su questo, ma non ho trovato alcuna prova che lo fece, anche se per anni e anni parlò di scrivere una tale opera. Nel 1920 il suo interesse immediato si trasferì a un'opera basata sul classico romanzo sentimentale Paul et Virginie (1788) di Jacques-Henri Bernardin de Saint-Pierre. Quest’opera, originalmente doveva avere un libretto scritto da Renato Simoni, poi a Simoni si aggiunse Giuseppe Adami; la partnership che stava scrivendo Turandot per Puccini stava lavorando, quindi, anche per Montemezzi. Egli lavorò su questa opera per alcuni anni a metà del 1920, ma alla fine ci rinunciò, per ragioni che non sono chiare, e rielaborò alcune delle musiche che aveva scritto precedentemente sotto forma di poema sinfonico. Sorprendentemente, nel decennio successivo alla Nave, Montemezzi non scrisse nessuna nuova composizione, e anche se ci sono state importanti riprese de  La Nave a Verona nel 1923 e Giovanni Gallurese a New York nel 1925, queste sono state effettuate per dimostrare piuttosto che smentire il crescente consenso che Montemezzi era un compositore di un’opera sola. Il suo poema sinfonico Paolo e Virginia fu finalmente presentato in anteprima al Teatro Augusteo di Roma, il 30 marzo 1930; fu ricevuto con rispetto, ma sembrava piuttosto insignificante, dopo tanti anni di silenzio

 


 

A questo punto, però, Montemezzi aveva trovato un nuovo libretto che gli interessava scrivere, un pezzo da un atto unico con scenografia Inca di Mario Ghisalberti. Era determinato a scrivere questa storia,” affermò, “perché contiene elementi drammatici utilizzati in opere di ogni epoca. Questi elementi sono fondamentali, chiari, evidenti e accessibili a tutti.” Tuttavia, quelle caratteristiche che lo colpirono come virtù sembravano alla maggior parte dei critici vizi, e le scene operistiche banali, combinate con la musica ovviamente derivato da quella di L'Amore dei Tre Re e La Nave fanno de La Notte di Zoraima la meno interessante delle opere di Montemezzi. Fu ben accolta quando debuttatò al Teatro alla Scala il 31 Gennaio 1931, ma quando uscì al Metropolitan di New York, il 2 dicembre fu accolta tiepidamente dagli stessi critici americani che erano devoti all'Amore dei Tre Re. La Scala lo produsse di nuovo nel 1932, dopo di che La Notte di Zoraima scomparve senza lasciare traccia.

 


 

Per fortuna, la carriera di Montemezzi come compositore d'opera non finì li. Iniziò a lavorare sulla sua ultima opera, L'Incantesimo ('The Spell'), nel 1933. Era un’opera in un atto, con il testo scritto da Sem Benelli, l'autore de L'Amore dei Tre Re, e per molti versi rappresenta un ritorno al mondo della lirica in precedenza, essendo ambientato in un castello medievale nelle Alpi. L'ho letto come segno di protesta poetica di Benelli al reame fascista di Mussolini in Italia. Montemezzi trovò difficoltà a comporre, forse - anche se questo non fu chiaro - perché lui stesso era sempre più disilluso con la sua nazione. Una spettacolare e ben accolta produzione di  La Nave al Teatro Reale dell'Opera di Roma, nel dicembre 1938, fu probabilmente il momento di più alta importanza professionale di questo decennio per Montemezzi. Egli aveva voluto

metterla in atto per anni, ma di fronte a nuovo antisemitismo di Mussolini e la minaccia della guerra  che incombeva, non fu sufficiente a tenerlo in Italia, e nel 1939 lui e Katherine si trasferirono in America. Dopo aver trascorso alcuni mesi a New York, si stabilirono a Beverly Hills. Qui Montemezzi trovò la pace e ispirazione per lavorare seriamente su L'Incantesimo, che fu presto terminata. Era interessato alla radio e la considerava un mezzo per portare l'opera a un pubblico molto ampio, e offrì L'Incantesimo alla NBC come opera radiofonica. NBC erano entusiasti, e con Montemezzi stesso condussero un cast illustre. L'opera fu trasmessa il 9 ottobre 1943.

 


 

L'incantesimo fu ben accolto, anche se, un’opera radiofonica in mezzo a tutte le distrazioni della seconda guerra mondiale, ha attirato meno attenzione di quanto avrebbe potuto fare altrimenti. Non fu messo in scena fino al 1952. Diversi critici rivelarono che sembrava particolarmente adatto al mezzo radio, e che sembrava più portata per essere una storia musicale che  un’opera messa in scena. La musica, anche se ovviamente di stile molto tradizionale per il 1940, è interessante, e va verso una conclusione estaticamente felice, molto in contrasto con i tragici finali delle altre opere di Montemezzi. Anche se non ci possono essere molti dubbi che, come lui stesso affermò, la sua più importante musica è contenuta nella trilogia di Héllera, L'Amore dei Tre Re e La Nave, L'Incantesimo rappresentano un epilogo squisito alla sua carriera, e uno che, prendendo i temi drammatici da L'Amore dei Tre Re, portano a un senso attraente di chiusura.

 

 


 

Ci fu una solo composizione più significativa, un secondo poema sinfonico, “Italia mia! Nulla fermera il tuo canto,” eseguito al Hollywood Bowl nel 1946 e poi rapidamente dimenticata.
 
Nei suoi ultimi anni, Montemezzi sembra aver preso le cose con comodo. Anche se continuò a vivere in California, dal 1948 cominciò a viaggiare regolarmente in Italia. Il suo primo ritorno alla casa della sua infanzia, nel 1948 fu un evento importante per Vigasio, e una commovente dimostrazione di quanto orgoglio locale aveva ispirato. In una successiva visita a Vigasio nel 1952 Montemezzi si ammalò improvvisamente dopo una giornata intensa e morì quella stessa notte, il 15 maggio. A questo punto L'Amore dei Tre Re stava perdendo il suo posto nel repertorio internazionale, e siccome Montemezzi non aveva scritto nessuna opera importante dopo gli anni 1910, la sua morte fu solo vagamente registrata nel mondo operistico più ampio. Tullio Serafin, un vecchio amico che aveva condotto le anteprime di tutte le opere di Montemezzi a parte L'Incantesimo, scrisse però un bel pezzo d’Apprezzamento' che venne pubblicato nell’Opera News in cui definì Montemezzi come il “più grande dei compositori italiani contemporanei”.

 


 

Registrazioni di musicadi Montemezzi
Una buona parte della musica di Montemezzi è disponibile su YouTube, e per chi vuole ascoltarla, è il posto più ovvio per iniziare. Ci sono state diverse registrazioni commerciali di L'Amore dei Tre Re: quelli che consiglio sono la versione del 1977 RCA con Anna Moffo come Fiora, Placido Domingo come Avito e Cesare Siepi come Archibaldo, con Nello Santi come conduttore e come orchestra la London Symphony Orchestra, e la registrazione di ri-masterizzata  dalla Guild History (associazione storia) che condusse l'opera al Met nel 1941, con Grace Moore come Fiora, Charles Kullman come Avito e Ezio Pinza come Archibaldo. L'unico altra opera di Montemezzi che sia stata ufficialmente rilasciata completa su disco è L'Incantesimo, nel 1943 sotto la direzione di Montemezzi: questo può essere trovato suSouvenir da Verismo Opere - Volume 4rilasciato dal Club dei Record Collectors Internazionali. La Nave è stata ripresa in un concerto dal Teatro Grattacielo di New York nel 2012, e non è difficile trovare registrazioni contrabbandate. Tre estratti da Giovanni Gallurese sono stati inclusi in un opera privata, 'Golden Age of Opera' LP nel 1970. Nei primi anni 2000 una serie di tre CD di musica orchestrale furono rilasciati dal Comune di Vigasio. Solo Héllera rimane il suo grande lavoro inesplorato.

 


David Chandler 
Doshisha University, Kyoto 
  
David Chandler is the editor of Essays on the Montemezzi-D’Annunzio ‘Nave’ (Durrant Publishing, 2012), and is working on a biography of Italo Montemezzi.