Fate che tutto sia preparato per bene...

Sem Benelli


 

David Chandler 
Doshisha University, Kyoto 
  
David Chandler is the editor of Essays on the Montemezzi-D’Annunzio ‘Nave’ (Durrant Publishing, 2012), and is working on a biography of Italo Montemezzi. 

 

Ultime notizie! Il professor David Chandler ha recensito in modo entusiastico la rappresentazione de "La Nave" di Italo Montemezzi. Una vera riscoperta della musica di Italo Montemezzi.

Leggete l'articolo:

 

 


The Resurrection of Italo Montemezzi’s EpicLa Nave

Italo Montemezzi’s great “lost” epic opera, La Nave, was heard on 31 October for the first time since 1938, leaving an enthusiastic New York audience wondering why on earth it had been neglected for so long.

 


http://www.operatoday.com/content/2012/11/the_resurrectio.php

La resurrezione dell’opera di Italo Montemezzi: La Nave
L’opera “persa” di Italo Montemezzi, La nave, è stata suonata l'ultima volta volta il 31 ottobre a New York. L’opera doveva essere eseguita Lunedì 29 ottobre 2012, ma l’uragano Sandy ha interrotto i preparativi per l’opera al Teatro Grattacielo. Solo degli eroici sforzi dietro le quinte hanno permesso alla composizione di essere presentata due giorni dopo.

Montemezzi (1875-1952) è entrato nella storia del melodramma grazie a un’opera in particolare: L’Amore dei Tre Re, scritto nel 1913, che ha ricevuto successo internazionale per circa tre decenni dopo la pubblicazione. Sia Montemezzi che il suo amico Tullio Serafin considerava La Nave, scritta nel 1918 come il suo “pezzo forte”, la sua opera migliore. Lo frustrava molto che il suo nome non fosse associato con questa opera, ma con quella precedente. Quando lo spartito de "La Nave" fu rappresentato al pubblico per la 1° volta alla Scala nel 1918, i critici avevano diverse osservazioni da fare: trovavano che la scelta di un’opera di Gabriele D’Annunzio, lo scrittore italiano più famoso ancora vivo, non fosse ben interpretato, che la musica fosse troppo “Germanica”e non abbastanza armoniosa. In seguito, le critiche  e il pubblico furono stupiti che un’opera così pregevole non fosse mai stata eseguita più spesso. Purtroppo nel 1943 tutti le parti e partitura e il teatro che contenevano gli spartiti furono distrutti da una bomba. Solo il manoscritto non fu distrutto e grazie a questo fu possibile riprodurre La Nave per la rappresentazione del 31 Ottobre.
Il Teatro Grattacielo ha puntato l’attenzione del pubblico sulla musica. La trama della storia è una versione della fondazione di Venezia come repubblica marinara. La musica è magnifica, come hanno concordato la maggior parte dei critici, e la disposizione e le entrate dell’orchestra sono simili a quelle nell’Amore dei Tre Re. L’opera è composta da tre atti e un prologo, che fanno circa 1 ora e un quarto di musica. La musica e le parti di Italo Montemezzi lasciano libertà d’interpretazione: tutti i cantanti hanno contribuito in modo molto diverso e pregevole alla buona riuscita della partitura. Il ruolo principale nell’opera è quello di Basiliola, una donna crudele, ribelle e vendicativa, che D’Annunzio aveva inizialmente immaginata pazza, nel cui personaggio ha versato tutto il suo grande odio e amore per le donne. La cantante operistica Tiffany Abban dichiara: È stato il personaggio più difficile che abbia mai interpretato. È simile alpersonaggio principale nell’Aida, ma molto meno cruenta, più gentile e simpatica. La seconda parte principale è quella di Marco Gratico, interpretato da Robert Brubaker. 

Grazie a Jessica per la traduzione...

Ecco la recente pubblicazione del libro del prof. Chandler

 

http://www.amazon.com/Essays-On-The-Montemezzi-DAnnunzio-Nave/dp/1905946317


“MUSICANDO ITALO MONTEMEZZI” PROGETTO DIDATTICO A CURA DELLA SCUOLA MEDIA ITALO MONTEMEZZI ESPERIENZE MUSICALI REGISTRATE DAGLI ALUNNI NEL LABORATORIO MUSICALE SCOLASTICO

 

L’Amore dei tre re (Scuole medie di Vigasio, Fagnano, Mozzecane, Nogarole Rocca, Circolo didattico di Vigasio, voce recitante: Renato Perina) 01 - L'Amore dei tre re - Prologo (00:58) 02 - L'Amore dei tre re - Atto primo (02:55) 03 - L'Amore dei tre re - Atto primo, finale (03:37) 04 - L'Amore dei tre re - Atto secondo (05:32) 05 - L'Amore dei tre re - Atto terzo (04:01) 06 - La vita e l'opera di Italo Montemezzi (voce recitante: Renato Perina (07:42) 07 - Tema di Avito 1 (3 A Scuola media Vigasio) (01:37) 08 - Tema di Avito 2 (3 C Scuola media Vigasio) (01:10) 09 - Musicando il Preludio (1 A Scuola media Vigasio) (02:01) 10 - Giovanni Gallurese (2 C Scuola media Vigasio) (01:02) 11 - La Nave (2 A Scuola media Vigasio) (01:37) 12 - Elegia (Marco Pasetto Giannantorio Mutto) (03:16) 13 - L’ Incantesimo (registrazione storica) (00:39) 14 - L'Incantesimo (Corpo Bandistico di Vigasio, Corrado Piccolboni) (02:13) 15 - La Nave (Corpo Bandistico di Vigasio, Corrado Piccolboni) 16 - Il canto di Mignon (Elena Bertuzzi, Giannantonio Mutto) tempo totale 43:30 Tutte le musiche sono di Italo Montemezzi trascritte e strumentate da Marco Pasetto

 

“MUSICANDO ITALO MONTEMEZZI” PROGETTO DIDATTICO A CURA DELLA SCUOLA MEDIA ITALO MONTEMEZZI ESPERIENZE MUSICALI REGISTRATE DAGLI ALUNNI NEL LABORATORIO MUSICALE SCOLASTICO anno scolastico 2001 - 2002 CON LE SEDI DI VIGASIO FAGNANO, MOZZECANE E NOGAROLE ROCCA, CIRCOLO DIDATTICO DI VIGASIO, SCUOLA DI MUSICA DI VIGASIO, CORPO BANDISTICO C. PICCOLBONI DI VIGASIO In collaborazione con il Comune di Vigasio, Mozzecane, Nogarole Rocca e Trevenzuolo Guida all’ascolto del CD

 

L'AMORE DEI TRE RE LA TRAMA LA VICENDA E’ AMBIENTATA IN ITALIA NEL X SECOLO traccia 1 (0:20, 1 C scuola media Vigasio, sonorizzazione prologo) traccia 1- Quarant’anni prima il barbaro Archibaldo aveva invaso l’Italia e si era proclamato re di Altura. Alla fine, una delle condizioni di pace da lui imposte era che la giovane e bella Fiora, già promessa ad Avito, principe di Altura, sposasse invece suo figlio Manfredo. All’inizio dell’opera, Archibaldo è vecchio e cieco, ciò malgrado egli registra molto attentamente quanto avviene attorno a lui.

ATTO PRIMO UN SALONE DEL CASTELLO DI ARCHIBALDO

Traccia 2 - E’ notte. Manfredo è in guerra al Nord. Archibaldo aspetta ansiosamente il ritorno del figlio, e sperando che avvenga quella notte stessa, ha fatto accendere una lanterna sulla terrazza. Incapace di dormire, il vecchio re entra nel salone insieme al suo uomo di guardia, Flaminio. Flaminio è fedele ad Archibaldo, ma allo stesso tempo appartiene alla stirpe dei vinti ed è un patriottico alturiano (0:38, 3 B scuola media Vigasio). Il vecchio re torna con la memoria alla sua giovinezza, al suo arrivo in Italia e alla bellezza del paese. (1:20, 3 B scuola media Nogarole Rocca). Poi prega Flaminio di guardare nella valle per cercare di scoprire un qualche segno dell’arrivo del figlio. Poiché egli non compare, e sta ormai albeggiando, Archibaldo dice a Flaminio di spegnere la lanterna. Quando quest’ultimo esegue l’ordine, sente in lontananza il suono di un flauto pastorale. (2:15, scuola media Mozzecane). Si affretta allora a riportare il re nei suoi appartamenti, perché conosce il significato di quel suono.

Traccia 3 - Subito dopo la loro uscita, entrano nel salone Fiora e Avito, provenienti dalla stanza di lei. I due temono che Archibaldo sospetti la nuora di infedeltà, e Avito si assicura che la porta verso le stanze del re sia chiusa. Segue una breve, ma appassionata scena d’amore. (0:19, 3 B scuola media Mozzecane) Quando Avito nota che lanterna è stata spenta, si sente inquieto, perché pensa che qualcuno li abbia spiati. Fiora tenta di tranquillizzarlo, quando anch’ella sente un rumore. Avito scappa, appena in tempo prima che Archibaldo rientri al grido di “Fiora! Fiora!”. Anche Fiora cerca di fuggire, ma il cieco sente il suo respiro affannoso e avverte la sua presenza. Le domanda con chi stesse parlando. Lei mente, affermando che non c’era nessuno, ma intuisce che il re non le crede. Fortunatamente vengono interrotti da Flaminio, il quale annuncia l’arrivo di Manfredo. (1:30, scuola media Mozzecane). La nostalgia di sua moglie lo ha spinto infatti a lasciare la guerra per qualche giorno. Fiora lo saluta più con cortesia che con calore, e si beffa di Archibaldo dicendo a Manfredo di essere uscita sulla terrazza all’alba per attenderlo. “E’ vero, padre?”, chiede. Archibaldo non risponde, ma quando Manfredo gli rivolge la stessa domanda, è costretto ad ammettere di aver effettivamente incontrato Fiora sulla terrazza. Quando Fiora e Manfredo si ritirano nelle loro stanze, il vecchio re, turbato, sospettoso, ansioso, ringrazia Iddio di essere cieco.(2:48, 3 B scuola media Vigasio, Circolo didattico Vigasio)

ATTO SECONDO UNA TERRAZZA, SULLE MURA DEL CASTELLO

Traccia 4 - E’ tardo pomeriggio. Manfredo sta per rimettersi in viaggio, e chiede a Fiora un qualche segno di affetto ma invano. Allora egli la prega di un solo favore: salire sugli spalti del castello e sventolare la sua sciarpa per salutarlo, (0:20, 2 B scuola media Vigasio). finché non lo vedrà scomparire all’orizzonte. Commossa dalla sua richiesta seppure più per pietà che per amore, Fiora promette che lo accontenterà. Manfredo si accomiata da lei, sopraffatto dall’emozione. Non appena Manfredo è uscito e Fiora sale le scale per assistere alla sua partenza, compare Avito, travestito da guardia. Fiora gli chiede di lasciarla per sempre, ma lui la prega di avere compassione. Quando sente arrivare qualcuno, Avito si nasconde. E’ una serva che porta un cofanetto intarsiato da parte di Manfredo. Fiora discende le scale, apre il cofanetto e ne estrae un lungo velo bianco. All’improvviso si ricorda della sua promessa, e risale di nuovo. Ella vede i cavalieri allontanarsi nella valle e inizia ad agitare il velo, abbassando però ogni tanto il braccio stanco. Avito esce dal suo nascondiglio e dice a Fiora che se ne andrà per sempre. La prega di concedergli un bacio d’addio e poiché la donna si oppone, egli le chiede di lasciargli almeno baciare il suo velo. Mossa da sentimenti contrastanti, Fiora gli proibisce di avvicinarsi. Quando Avito si rifiuta di muoversi, Fiora si lascia commuovere e gli permette di baciare il bordo del suo abito, ch’ella stessa ha ricamato. Fiora vuole ricominciare a sventolare il velo, ma lascia ricadere le braccia inermi, perché si rende conto che i suoi veri desideri non corrispondono all’immagine che suo marito ha di lei. Quando Avito le chiede nuovamente di baciarlo, ella cede. (2:18, scuola media Mozzecane) Persi nell’estasi d’amore, i due rimangono strettamente abbracciati, dimentichi di ciò che avviene attorno a loro. Essi non sentono nemmeno l’avvicinarsi di Flaminio e Archibaldo. (3:11, 3 A scuola media Fagnano) Il richiamo di Archibaldo (“Fiora”) li riporta alla realtà. Avito vuole gettarsi con il pugnale sguainato sul vecchio uomo, ma Flaminio lo trattiene, e a un cenno di Fiora egli scompare in un’altra direzione. Archibaldo, però, ha sentito i suoi passi. Il re ordina a Flaminio di lasciarlo solo con Fiora. Flaminio lo distrae per un momento, richiamando la sua attenzione sul rumore di zoccoli nella valle. E’ Manfredo che sta tornando, e Fiora intuisce che egli ha notato la sparizione del velo. Archibaldo ordina a Flaminio di andare incontro al principe, poi si rivolge di nuovo alla nuora (4:30, 2 B scuola media Vigasio) e le ordina di dirgli chi era insieme a lei. “Nessuno”, risponde la donna, rannicchiata su una panca di pietra, ma Archibaldo insiste. Quando egli la trova e la afferra, Fiora dimentica la sua paura e, come dice il libretto “improvvisamente ergendosi come un serpente”, ammette che era il suo amante, ma si rifiuta di rivelarne il nome. Sopraffatto dall’ira, Archibaldo le mette le mani intorno al collo, e poiché ella si rifiuta ancora di svelare il no,e del suo amante, alla fine egli la strangola. Entra Manfredo, il quale, non avendo più visto sventolare la sciarpa, temeva che la moglie fosse caduta. Si dispera nel trovarla morta, mentre suo padre gli racconta della colpa di lei e confessa di essere lui stesso l’assassino.

ATTO TERZO NELLA CRIPTA DEL CASTELLO

Traccia 5 - (2 B scuola media Nogarole Rocca) Il corpo di Fiora, vestito di bianco, è disteso su un letto di fiori. Il coro intona un canto funebre (0:49, 1 B scuola media Vigasio, Circolo didattico Vigasio); uomini, donne e bambini del contado, a rispettosa distanza, piangono la perdita della loro amata principessa. Tristi e adirati, essi chiedono vendetta, poi, però, ammaliati dalla solennità del luogo a dal suggestivo canto del coro, si placano ed escono dalla cripta. (2:02, scuola media Mozzecane). Entra Avito che si avvicina al corpo e parla a Fiora come se fosse ancora viva. Poi, all’improvviso, quando si rende conto che la sua amata tacerà per sempre, egli scoppia in un pianto accorato, si getta accanto a lei e la bacia sulle labbra esangui. Il corpo di Avito viene scosso da strani spasimi, l’uomo intuisce di dover morire, e pur nella morsa della morte, egli esulta. Mentre sta trascinandosi fuori, entra Manfredo. Egli riconosce Avito e gli rivela che Archibaldo ha cosparso le labbra di Fiora di veleno, per scoprire l’identità del suo amante. “T’amava ella?”, domanda Manfredo. “Come la vita che le fu tolta. No…di più…di più”, risponde il principe di Altura. “Vendicati, uccidimi”. Ma Manfredo non ne è capace. (3:10, 3 B scuola media Vigasio, Circolo didattico di Vigasio) E’ soltanto afflitto che Fiora abbia tanto amato un altro uomo, e quando Avito rende l’ultimo respiro, egli ne sostiene il corpo che cade a terra. Poi si rivolge verso Fiora, bacia anch’egli le sue labbra e rimane lì, scosso dai tremiti, mentre il veleno si propaga nelle vene. In quel momento compare Archibaldo, solo, che avanza a tentoni verso la bara. Tasta un corpo che giace lì accanto, e gioisce credendo di aver trovato l’amante di Fiora. Quando però sente la voce del proprio figlio, le grida di trionfo del vecchio sovrano si trasformano in urla di disperazione ed agonia.

VITA DI ITALO MONTEMEZZI

Traccia 6 - Tornasse al mondo, anche il buon padre di Italo Montemezzi certamente riconoscerebbe di aver avuto torto a contrastare la passione e la vocazione musicale del figlio. Italo Montemezzi non dovette essere quel che si dice uno scolaro modello; nè a Vigasio dove frequentò le elementari, nè a Verona dove fu iscritto alle scuole tecniche. Aveva cominciato a prendere lezioni di pianoforte, dimostrando a detta dei suoi primi maestri, Lonardi e Tanara, una buona disposizione. Però neppure in questo il giovane mise, almeno da principio, una vera e seria passione. Due sole cose, allora, gli piacevano: giocare a biliardo e andare a caccia. Perciò nell'Autunno del 1894, il giovane Montemezzi fu messo in treno e dal padre spedito a Milano, méta il Politecnico. Questo però non lo vide mai perché con decisione non so se improvvisa o premeditata; egli andò invece a bussare alla porta del Conservatorio. Montemezzi scelse, in Conservatorio, proprio il corso di Composizione, deciso a diventare operista. I primi passi sulla nuova strada furono molto difficili. Il corso di composizione durava nove anni, suddiviso in tre trienni: il primo di armonia; il secondo di contrappunto e fuga; il terzo di alta composizione. Per essere ammesso al primo, cioè per entrare in Conservatorio bisognava superare un esame consistente nell'improvvisazione al pianoforte e nello sviluppo di un tema musicale. Ben due volte, a distanza di un anno, il giovane affrontò la prova, ed in entrambe fu respinto, tornandosene prima avvilito e poi disperato a Vigasio a subire l'ira del padre, che da principio non era stato nemmeno informato di quel radicale cambiamento di rotta. Il giovane Montemezzi dopo la duplice bocciatura ritornò per la terza volta a Milano e sfondò, alla fine, la porta del Conservatorio. E dico "sfondò" perchè fu un ingresso se non trionfale, certo molto autoritario. Punto dalle amare esperienze, il giovanotto aveva infatti capito che, per riuscire a concludere qualcosa, bisognava lavorare sodo, e seriamente. Passò a compiere il triennio regolare di alta composizione con il maestro Ferroni, conseguendo nel 1900 il diploma di laurea a pieni voti. Quale saggio finale al conservatorio, il Montemezzi compose, sul testo del salomonico Cantico dei Cantici, una cantata per soprano, mezzosoprano, coro e orchestra, che venne eseguita sotto la direzione di Arturo Toscanini, invitato dall' istituto a tenere a battesimo qualcuno dei saggi più meritevoli. Curiosa è la vicenda che condusse Italo Montemezzi a musicare la tragedia di Sem Benelli, L'amore dei tre re, ed a creare con essa l'opera sua più vitale, e fors' anche il suo capolavoro. Già in amicizia con il poeta toscano appena conosciuto l’esito trionfale “La cena delle beffe” il Montemezzi entusiasta del soggetto melodrammatico telegrafò all’autore proponendogli di musicare la tragedia, nessuna risposta gli pervenne e ciò lo stupì non poco, ma pochi giorni dopo Benelli arriva a Milano, incontra Montemezzi e non senza imbarazzo e rammarico gli confida che stretto dal bisogno mezz’ora prima di ricevere il suo telegramma aveva venduto per 500 Lire ogni diritto su “la cena”. L’incontro di Milano fra il poeta e il musicista non fu tuttavia infecondo, Benelli aveva già in testa la trama di un'altra tragedia. Prese a braccetto Montemezzi, lo trasse fuori dal centro per le vie più deserte e silenziose di Milano, e gliela raccontò nei minuti particolari. Ma di scritto non c'era ancora nulla, salvo il titolo, sì, molto bello e suggestivo: L'amore dei tre re. Per non rimanere una seconda volta gabbato, l'indomani mattina Montemezzi condusse Benelli dall'editore Ricordi e gli fece firmare il formale impegno di scrivere subito la tragedia e di ricavarne poi un libretto per la musica. La nuova opera venne rappresentata nella primavera del 1913 alla “Scala”. Direttore e padrino Tullio Serafin. L’esito fu entusiastico. Ma ancora prima della prova generale Ricordi aveva chiamato l'autore nel suo ufficio per offrirgli la stipulazione di un contratto per tutta la produzione futura. Il successo di Milano fu confermato, pochi mesi dopo, a Cesena, dove L'amore dei tre re fu portato in quella stagione estiva molto importante. E da Rimini, dove si trovano per i bagni, andarono a sentirlo Arturo Toscanini, la famosa soprano Ferrar e Gatti Casazza, direttore del “Metropolitan”.Il consenso fu unanime; sicchè, mentre si riprendeva anche alla “Scala”, ed altri teatri italiani e stanieri la mettevano in cartellone, l'opera compariva il 2 gennaio 1914 nel massimo teatro di New York, diretta dallo stesso Toscanini, nell'inerpretazione del basso Didur, del baritono Amato, del Ferrari Fontana e di Lucrezia Bori. Senza attendere l'immancabile successo, gli impresari dei principali teatri di Boston, Londra e di Parigi decidevano di inaugurare le loro prossime stagioni con il nuovo lavoro di Montemezzi. Con L'amore dei tre re, aveva compiuto il passo più grande della sua cariera, conseguita l'affermazione decisiva, raggiunta una fama universale. Forse, finchè visse la fortuna non fu sempre propizia,verso le sue opere. Ed egli ne soffrì più di quanto non mostrasse. La sorte, comunque, gli fu peraltro verso benigna, in quanto gli consentì di morire, come egli desiderava, nella cara Vigasio, e senza alcuna sofferenza, quasi senza accorgersene tanto breve intervallo di tempo intercorse tra l'improvviso attacco del male e il sereno trapasso.

07 - Tema di Avito 1 (3 A Scuola media Vigasio)

08 - Tema di Avito 2 (3 C Scuola media Vigasio)

09 - Musicando il Preludio (1 A Scuola media Vigasio)

10 - Giovanni Gallurese (2 C Scuola media Vigasio)

11 - La Nave (2 A Scuola media Vigasio)

12 - Elegia per violoncello e pianoforte trascritta per clarinetto e piano (Marco Pasetto, clarinetto, Giannantonio Mutto, pianoforte

13 - L'Incantesimo (registrazione storica, presentazione)

14 - L'Incantesimo (Corpo Bandistico Corrado Piccolboni)

15 - La Nave (Corpo Bandistico Corrado Piccolboni)

CANTO INEDITO TROVATO NELLA VILLA MONTEMEZZI A VIGASIO

16 - Il canto di Mignon (Elena Bertuzzi, Giannantonio Mutto) Il canto di Mignon per soprano e pianoforte (versi di A. Ghislanzoni, musica di I. Montemezzi)

 

Vedeste mai quel paese gentil, che il sol riveste di tanto splendior, il bel paese ove eterno è l’april, eterno è il riso degli astri e dei fior. Ivi ogni murmure d’acqua e di vento Arpe celesti somiglia a un concerto, ivi ogni nota d’umana favilla somiglia un canto un sospiro d’amor, di quel mio vagheggiato Eden natio ho qui nel core un vago souvenir, io veggo in sogno e là tornar vogl’io là voglio amare e piangere e morir.

SCUOLA MEDIA STATALE ITALO MONTEMEZZI VIGASIO VERONA

Scuole coinvolte attivamente nel progetto: - tutte le classi della sede di Vigasio (9) - 2 classi della sede di Nogarole Rocca (Prof.ssa Elisa Chinaglia - 1 classe della sede di Mozzecane (Prof. Stefano Zanon) - 1 classe della sede di Fagnano (Prof. Fausto Prandini) - 1 classe di scuola elementare (Direttore Didattico, Maestra Wilma Andreoli) Istituzioni coinvolte attivamente nel progetto: - Comune di Vigasio (Sig. Sindaco e Assessore alla cultura) - Comune di Mozzecane - Comune di Trevenzuolo - Comune di Nogarole Rocca Associazioni coinvolte attivamente nel progetto: Corpo Bandistico Corrado Piccolboni di Vigasio Scuola di Musica di Vigasio Professionisti coinvolti attivamente nel progetto: - Prof. Renato Perina (voce recitante) - M° Giannantonio Mutto (pianoforte) - M° Elena Bertuzzi (soprano) Registrato nel laboratorio di Musica della scuola media di Vigasio, da Gennaio ad aprile 2002, tecnici del suono: Enrico Lovato, e tutti gli alunni della scuola. Editing effettuato presso gli studi del CSM, tecnico del suono Fabio Cobelli. Coordinamento del progetto: Prof. Marco Pasetto